Edificare un partenariato della NATO per il Grande Medio Oriente

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  • 01 Jan. 2004 - 01 January 0001
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  • Last updated 04-Nov-2008 00:32

Chris Donnelly esamina come l'esperienza della NATO nel Partenariato per la Pace potrebbe aiutare l’attuazione di un analogo programma nel Grande Medio Oriente.

Un decennio fa la NATO ha avviato dueinnovativi programmi di partenariato, il Partenariato per la Paceper i paesi dell’Europa centrale ed orientale ed il DialogoMediterraneo per i paesi della regione mediterranea in senso ampio.Entrambi i programmi vanno ora rivisitati per tener conto deicambiamenti nella sicurezza euro-atlantica, come l’allargamentodella NATO e le nuove sfide che l'Alleanza ha di fronte oggi. Inquesto sforzo per riformare il Dialogo Mediterraneo e perestenderlo possibilmente sino a coprire gran parte del MedioOriente, molto si può trarre dall’esperienza del PfP.

Diversamente dal Partenariato per la Pace, ilDialogo Mediterraneo non si è rivelato un grande successo. Non hasvolto un ruolo significativo nello stabilizzare la regione onell'aiutare e promuovere l'evoluzione dei paesi partecipanti. Ciòè dipeso da molte ragioni, che includono: mancanza di investimentoin tempo, uomini e denaro; profondo sospetto e ignoranza di ciò cheè la NATO da parte di molti paesi della regione; assenza di queimeccanismi di dialogo e di cooperazione che hanno determinato ilsuccesso della NATO e del Partenariato per la Pace; e incapacità ascindere le questioni di generale sicurezza regionale dal conflittoisraelo-palestinese.

Mentre una decennio fa la principalepreoccupazione della NATO nel campo della sicurezza riguardava lastabilizzazione e la trasformazione dell’Europa centrale edorientale, oggi l’Alleanza affronta i problemi provenienti da o chepassano attraverso i paesi del "Grande Medio Oriente". Se la NATOvuole dare risposta alle preoccupazioni nel campo della sicurezzadei suoi membri, nei prossimi mesi ed anni dovrà spostare il centrodella sua attenzione dall’Europa centrale ed orientale su questaregione, ed il Dialogo Mediterraneo dovrà evolvere diconseguenza.

Se la comunità internazionale fornisce lerisorse adeguate per stabilizzare l’Afghanistan, allora il ruolodella NATO nella Forza internazionale di assistenza alla sicurezzapotrebbe fornire un modello applicabile in Iraq e anche, nel tempo,contribuire a risolvere il conflitto israelo-palestinese. Ildilemma di Israele è che, mentre è divenuto più forte militarmente,la popolazione israeliana si sente meno sicura. È necessario un"onesto mediatore", che goda della fiducia di entrambe le parti,che possa aiutare a negoziare e poi ad attuare un complessopacchetto di misure di sicurezza. Gli Stati Uniti non possono farequesto, né lo può l’Europa, poiché né l'uno né l'altra sonoconsiderati imparziali. Per quanto improbabile ciò possa sembrareal momento, la NATO è forse la sola istituzione che nei prossimianni potrebbe affrontare questo problema.

Naturalmente, questi potenziali sviluppi sonotutti dei "se", e dei “se” non da poco. Ma se si guarda agli ultimicinque anni, e ancor più agli ultimi 15, il ritmo dell'evoluzionedella NATO ha superato di molto ciò che si era allora previsto. Ilritmo degli eventi mondiali sta accelerando e la NATO, malgrado lesue carenze, è l'istituzione internazionale che si è dimostrata piùflessibile e capace di evolvere per affrontare le esigenze delnuovo contesto di sicurezza. Ed è probabile che continui ad esserecosì, ed è probabile che l'evoluzione della NATO riservi ulteriorisorprese.

Man mano che l'Alleanza si allontana dal suoruolo tipico della "Guerra Fredda", cioè di un’organizzazione didifesa passiva, per passare a quello di un'organizzazione disicurezza che anticipa i cambiamenti, qualità che la "Pace Calda"oggigiorno necessita, diviene sempre più evidente agli alleati chela loro sicurezza può essere assicurata solo collettivamente. Ladistinzione tra "alleati" e "partner" deve essere superatarapidamente. La sicurezza degli alleati può essere garantita soloattraverso la stretta collaborazione con i partner dell’Europacentrale ed orientale e del Grande Medio Oriente e ciò ovviamentein modo reciproco. È questo sviluppo che, più di ogni altro, guidaoggi l'evoluzione della NATO e che fornisce il maggiore incentivoper rendere i programmi di partenariato più efficaci e megliointegrati nelle attività tradizionali dell’Alleanza.

Se i meccanismi di partenariato della NATOdevono evolvere per fronteggiare le nuove sfide della sicurezza,sarebbe logico che questa evoluzione si basasse su quellecaratteristiche della NATO che ne hanno consentito i successi. Deiburloni hanno qualche volta ironizzato sul fatto che NATO stia per“No Action, Talk Only” (cioè Nessuna Azione, Solo Chiacchiere).Comunque, è proprio la capacità dell'Alleanza a fornire un foro didialogo, dove i membri possono discutere dei loro problemipiuttosto che scontrarsi per essi, che è stata la base del suosuccesso. Questo è ciò che il Partenariato per la Pace ha fatto perquelle nazioni che volevano aderire alla NATO, e che il DialogoMediterraneo sinora non ha fatto, malgrado il suo nome. Svilupparequesti meccanismi per fronteggiare le diverse situazioni cui sonoconfrontati ora l’Europa centrale ed orientale ed il Grande MedioOriente costituisce la fondamentale sfida sia per il Partenariatoper la Pace che per il Dialogo Mediterraneo.

I meccanismi della NATO, sia formali cheinformali, per creare una comune cultura in materia di difesa e disicurezza non costituiscono solo la base della sua tradizionaleraison d'être - fornire la difesa collettiva - ma, unavolta esportati in Europa centrale ed orientale, hanno dimostratodi avere una significativa influenza sull’intero processo didemocratizzazione. Il controllo democratico sulle forze armate e disicurezza, i rapporti tra civili e militari e la riforma delladifesa vengono ora riconosciute come elementi più importanti per latrasformazione democratica ed economica di un paese di quanto nonfosse in un primo momento. Queste questioni sono ancora una sfidaper molti paesi dell’Europa orientale e dei Balcani, ma oggi sonoanche di grande interesse per molti paesi del Grande Medio Oriente.Sviluppare questi meccanismi ed estenderli a nuove parti del mondorappresenterà un elemento essenziale di un nuovo meccanismo dipartenariato della NATO.

La sicurezza degli alleati può esseregarantita solo attraverso la stretta collaborazione con i partnerdell’Europa centrale ed orientale e del Grande Medio Oriente e ciòovviamente in modo reciproco

Per creare dei partenariati nel campo dellasicurezza nella più vasta regione mediterranea e nel Grande MedioOriente, la NATO ha ora bisogno di sviluppare una più vastaesperienza di questa parte del mondo e di accrescere i meccanismiistituzionali relativi al suo impegno. Come alla fine degli anni’80 e nei primi anni ‘90 la NATO ha dovuto sviluppare una maggiorecompetenza istituzionale per l’Unione Sovietica e successivamenteper gli stati che le erano succeduti, altrettanto l'Alleanza devefare oggi per i paesi dell’Africa settentrionale e del Grande MedioOriente. Il Partenariato per la Pace fornisce un modello del tipodi struttura necessaria per sostenere tale impegno, in primo luogonella misura in cui è stato un meccanismo capace di grandeflessibilità. Un analogo programma per il Mediterraneo e il GrandeMedio Oriente deve tener conto di certe specifiche caratteristicheregionali, alcune delle quali sono le stesse incontrate nell’Europacentrale ed orientale nei primi anni ‘90, mentre altre sono deltutto diverse.

Per esempio, vi è una quasi totale ignoranzafra le popolazioni, ed anche in certi governi della regione,riguardo alla effettiva natura della NATO. Di conseguenza, ènecessario un vasto programma di informazione e di comunicazione alungo termine. Ciò richiede un attivo impegno non solo degli organidi governo ma anche delle organizzazioni non governative, come èstato fatto con i paesi dell’Europa centrale ed orientale oltre undecennio fa. Ma mentre l’Europa centrale ed orientale haconsiderato il Partenariato per la Pace innanzitutto come unsistema per portare fuori informazione ed impegno dalla NATO, econsentire alla NATO di iniettare influenza in Europa centrale edorientale, i paesi dell’Africa settentrionale e del Grande MedioOriente vogliono innanzitutto e soprattutto un mezzo per fare udirela loro voce e per influenzare il processo decisionale deglialleati. Ciò è positivo perché dobbiamo ascoltare e comprendereprima di poter rispondere e formulare delle politiche. La nostrainfluenza nella regione sarà direttamente proporzionale alla nostradisponibilità ad ascoltare e comprendere.

Complessivamente, nella regione, la societàcivile è meno sviluppata che nella maggior parte dell’Europa, comeera l’Europa centrale ed orientale 15 anni fa. Ciò rende importantel’impegno delle organizzazioni non governative e delle università,sia come un mezzo per veicolare il messaggio della NATO che percontribuire allo sviluppo della democrazia. In alcuni casi, comel’Algeria, vi è un immediato e specifico bisogno di accedereall’esperienza e alla competenza nello stabilire un nuovo rapportotra settori civili e militari e per il controllo democratico delleforze armate.

Mentre, dall’inizio, molti paesi dell’Europacentrale ed orientale desideravano aderire alla NATO, ed ilPartenariato per la Pace forniva loro un meccanismo per farlo, lostesso non accade per i paesi dell’Africa settentrionale e delGrande Medio Oriente. Se l’opinione pubblica di questi paesi vedeuna nuova iniziativa come un ritorno ad un'alleanza militare, comeuno strumento di pressione o di controllo occidentale, o, ancorapeggio, come uno strumento per fornire ad Israele una eventualeprospettiva di aderire alla NATO, allora non si realizzerà alcunprogresso.

Per questa ragione, un nuovo meccanismo persostituire il Dialogo Mediterraneo non dovrebbe includere degliatti formali da sottoscrivere, specie ove contenessero un elenco diprincipi e valori da condividere. Tutto ciò che serve in primabattuta è una serie di fori per un regolare dialogo politico emilitare/sicurezza affiancata da una fitta trama di offerte dicooperazione a molti livelli basata sul consolidato principio delPfP di auto-differenziazione. Queste offerte e questi inviti devonoessere considerati come complementari, e non come contrapposti, aquelli dell'Unione Europea, e devono rispecchiare ciò che i paesivogliono e necessitano. Se venissero percepiti come proposte"dall’alto in basso" verranno educatamente ignorati.

Parallelamente ad un programmadi informazione e di impegno diplomatico, vi è una crescenteopportunità per misure militari rivolte ad accrescere la fiducia.In questo campo, le relazioni bilaterali tra i membri della NATO edi partner dell’Europa centrale ed orientale da una parte ed i paesidel Mediterraneo e del Grande Medio Oriente dall'altra possonorivelarsi reciprocamente positive per sviluppare legamimultilaterali. Ma l’esperienza in questo campo ci insegna chel'Alleanza deve accrescere la propria sensibilità verso lepreoccupazioni della regione. Le forze della NATO operanti nelMediterraneo, ovviamente presenti con altre finalità, possonoinavvertitamente apparire minacciose ai paesi dell’Africasettentrionale.

Oltre alle misure in campomilitare e in quello della sicurezza per accrescere la fiducia, chesaranno altrettanto valide nella regione del Mediterraneo o inquella del Grande Medio Oriente di quanto lo sono state nell’Europacentrale ed orientale, vi è un’assai grande opportunità per unmeccanismo formale che consenta di condividere l’informazione. Vi èbisogno che un nuovo processo di partenariato e di cooperazionedivenga il centro di una rete di rapporti in cui ognuno puòapprendere ciò che avviene nella regione. E lo si può fare forsepiù efficacemente con l'ausilio di un sistema elettronico. Non vi èniente che possa sostituire il riunire la gente regolarmente perincontrarsi e parlare, ma un esteso utilizzo delle conferenze invideo può certamente accrescere la comunicazione a bassocosto.

Dato che nella maggior parte deipaesi dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente le questionidi sicurezza "soft" sono meno sensibili di quelle militari “hard”,saranno le prime a costituire il settore più favorevole in cui laNATO potrà inizialmente impegnarsi. Il Programma scientifico dellaNATO è un meccanismo ideale per rompere il ghiaccio. Utilizzando ilsuo Programma scientifico come pure altri strumenti di diplomaziapubblica, la NATO è in buona posizione per produrre nella regioneinteresse e dibattito sulle nuove questioni di sicurezza checostituiscono una comune minaccia. Sotto gli auspici dei programmiscientifici e dell’informazione, i funzionari della NATO potrannovisitare di più le regioni ed anche ampliare la loro competenza.Proprio come in Europa centrale ed orientale nei primi anni ‘90, cisi può attendere che le iniziative della NATO, grazie a questiprogrammi, stimolino l’impegno bilaterale delle istituzioniaccademiche nei paesi alleati. Tale impegno condurrà rapidamenteall’indispensabile sviluppo di gruppi di pensiero nella regione,con cui si potranno attuare dei programmi in collaborazione. Nelleattuali circostanze, le organizzazioni non governative e leuniversità dei paesi alleati sono consapevoli dell’esigenza diconcentrare nuovamente la loro attenzione su questa parte delmondo, che molti hanno trascurato. Un’iniziativa alquanto modestada parte della NATO può stimolare un flusso di positivo impegnooccidentale, come è accaduto nell’Europa centrale edorientale.

Un importante aspetto di taleobiettivo è l’attività, spesso sottovalutata, che l’Assembleaparlamentare della NATO (NPA) può svolgere con partecipantiregionali. Sebbene la NPA sia separata dalla NATO, i suoi programmisono utili per sostenere gli obiettivi dell’Alleanza e peraffiancare l’attività diplomatica e militare. La NPA può spessoandare dove la burocrazia della NATO trova difficile penetrare ed iparlamenti spesso trovano più facile dialogare tra loro che non igoverni. Un buon esempio è costituito dal dialogo parlamentare chesi svolge attualmente nel Caucaso, nonostante le tensioniregionali. Un analogo dialogo potrebbe contribuire a migliorare lerelazioni tra alcuni paesi dell’Africa settentrionale.

Un approccio adeguato

La più importante condizione perfar sì che il partenariato e la cooperazione in questa area sia unsuccesso, consiste nell’essere in grado di suddividere l'area, inmodo formale o informale, e di lavorare quindi su aggregatisub-regionali. Soprattutto, il problema della questioneisraelo-palestinese deve essere separato dal problema del rapportodella NATO con gli stati dell’Africa settentrionale. Molti statidella regione hanno anche serie tensioni con i loro confinanti. Perqueste ragioni la collaborazione con la NATO è probabile sisviluppi in primo luogo in forme bilaterali e, solo in secondoluogo, in un foro collettivo sub-regionale.

Una ulteriore condizione è che inuovi problemi della sicurezza, tra cui la fondamentale questionedel terrorismo, ora riguardano stati assai più lontani degliattuali stati membri del PfP o del Dialogo, tra cui Pakistan edIndonesia. I nuovi meccanismi dovrebbero essere in grado dideterminare almeno qualche apertura da parte dei paesi del Dialogoverso altri paesi che manifestano problemi analoghi. Dopo tutto, ilruolo della NATO in Afghanistan richiede contatti politici conpaesi distanti. Un meccanismo agevole ed immediato per fare ciòsarebbe, per esempio, quello di aprire le riunioni di lavoroscientifiche della NATO a partecipanti di questi paesi.Attualmente, solo i cittadini dei paesi membri del PfP e delDialogo possono essere invitati a tali attività.

In un settore in particolare èimportante trarre la corretta lezione dallo sviluppo delPartenariato per la Pace. L’adesione al PfP veniva in origineofferta a tutti i paesi dell’Europa centrale ed orientale e dell'exUnione Sovietica senza condizioni. Successivamente, per quei paesicome Serbia e Montenegro che aspirano ad aderire al Partenariatoper la Pace quale mezzo per rientrare nella comunità occidentale, èstato imposta una condizione di democratizzazione e di buongoverno. Se si può discutere sulla validità di tale misura, unacosa è certa. È essenziale che un nuovo programma di partenariato ecooperazione con l’Africa settentrionale ed il Grande Medio Orientenon includa tale condizione. I paesi della regione sceglierannopercorsi diversi verso la democrazia e la modernizzazione, eprocederanno a velocità differenti. Si risentirebbero di qualsiasicosa che potrebbe apparire condiscendente o culturalmenteimperialistica. Il divario culturale tra Europa e Nord America dauna parte e tra Africa settentrionale ed il Grande Medio Orientedall'altra è più profondo oggi di quello esistente tra Est ed Ovestalla fine della Guerra Fredda. Gli sforzi per contribuire a colmarequesto divario risulteranno più efficaci se la collaborazione vieneofferta con gentilezza e con sensibilità.

Benché ilterrorismo costituisca una minaccia altrettanto grande per i paesidel Medio Oriente che per l’Europa e per il Nord America, e lacollaborazione su questo tema sia di primaria importanza, irappresentanti di questi paesi sono stufi di partecipare a delleriunioni dove tutte le conversazioni cominciano collegando il mondoarabo e la minaccia del terrorismo. Faremo progressi in talidiscussioni se modereremo il nostro approccio.

La caratteristica delPartenariato per la Pace che ha avuto maggiore effetto è statasenza dubbio l’istituzione di rappresentanze ufficiali presso lasede della NATO. L’aver offerto lo spazio per gli uffici airappresentanti dei paesi del PfP e l’aver incoraggiato questi paesiad inviare validi funzionari civili e militari per prestareservizio presso la sede della NATO ha determinato un cambiamentoche immediatamente ha avuto un profondo impatto su tutti quei paesiche avevano colto tale opportunità. Sarà questa misura che, megliodi tutte le altre, contribuirà a creare un reale dialogo ecooperazione con i paesi del Mediterraneo e del Grande MedioOriente.

Una volta insediate talirappresentanze, tutte le numerose e varie attività che si sonosviluppate nell’ambito del Partenariato per la Pace potranno esseresviluppate anche per queste regioni. Creare un gruppo dirappresentanti nazionali che comprendono la NATO e che possonocominciare a trasmettere le loro percezioni alle loro capitalirenderà l’impegno fattibile come nient’altro può fare. Tutti iprogrammi aperti ai paesi del PfP diventeranno immediatamenteaccessibili. L’impegno diplomatico sarà più efficace. Piùimportante di tutto, sarà la presenza di una rappresentanzanumericamente sufficiente che apra dei canali informali dicontatto. La maggior parte dell’effettivo lavoro della NATOnell’appianare i conflitti e nell’eliminare gli attriti vienesvolto vis-à-vis da diplomatici e funzionari di medio livello nelbar, nei ristoranti o nei corridoi della sede. In effetti, il fattoche tutte le delegazioni e rappresentanze nazionali, militari e nonmilitari, siano ubicate sotto lo stesso tetto rende la NATOqualcosa di unico. L'atmosfera congeniale che questo produceconsente alla vera diplomazia di estrinsecarsi. È questo privilegioche dobbiamo estendere ai nostri colleghi del Medio Oriente e delMediterraneo.

Dato che lo stesso Partenariatoper la Pace viene modificato al fine di migliorarlo e presentatosotto un nuovo aspetto, quasi inevitabilmente vi sarà un maggiorgrado di collaborazione tra esso ed i nuovi meccanismi di dialogo edi cooperazione con l’Africa settentrionale ed il Medio Oriente.Forse la migliore soluzione sarebbe un programma unico che copratutti gli aspetti del partenariato, sia quelli del Partenariato perla Pace che quelli del Dialogo Mediterraneo, nel cui ambito vipotrebbe essere una maggiore distinzione tra regioni, e tra singoleparti: un "Partenariato per la cooperazione" che comprende l’Europacentrale ed orientale, la regione del Mediterraneo in senso ampioed il Grande Medio Oriente.

Chris Donnelly è senior fellow presso la UKDefence Academy a Shrivenham (Inghilterra); è stato consiglierespeciale per l’Europa centrale ed orientale di quattro Segretarigenerali della NATO tra il 1989 ed il 2003.

* La Turchia riconosce la Repubblica di Macedonia con il suo nome costituzionale.