Lo stato della trasformazione della NATO
L’Agenda di Praga
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Robert Bell esamina l’attuazione delle agende di Praga, Norfolk e Monaco sulla trasformazione della NATO.
Non penso che la trasformazione siaqualcosa di non trasformato che viene trasformato. Ritengo che siaun processo che la natura del mondo in questo XXI secolo cicostringe a proseguire, e che si tratti di una questione di culturae di attitudine piuttosto che di tecnologie e dipiattaforme.
Donald H. Rumsfeld Segretario della difesa USA
Quando era Segretario di stato durante la presidenza di RonaldReagan, George Schultz una volta, con una frase rimasta celebre,comparò la diplomazia al cercare di tenere il proprio giardinolibero dalle erbacce: in entrambi i casi – affermò - il tuo lavoronon può mai dirsi del tutto compiuto. Lo stesso dicasi della"trasformazione". Come il Segretario Rumsfeld ha recentementeosservato, la trasformazione è più un processo che un punto diarrivo, con nuovi problemi, nuove sfide e nuovi contesti disicurezza che richiedono continuamente ulteriori cambiamenti eulteriori adattamenti.
Benché la parola "trasformazione" sia diventata di moda solo direcente, la NATO fronteggia efficacemente una necessaria"trasformazione" sin dal crollo dell'Unione Sovietica un decennio emezzo fa. È da allora, che l'Alleanza ripetutamente avverte che non"adattarsi", "evolversi" o "trasformarsi" metterebbe a rischio lasua importanza e la sua capacità di tener fede ai propri impegni.Un decennio fa, la NATO si è trovata anche a dover scegliere traandare "fuori area" o "chiudere i battenti". I processi politiciattraverso cui l'Alleanza negli ultimi anni ‘90 raggiunse alla fineil consenso sulla necessità di muovere guerra contro uno stato (ciòche restava della Jugoslavia) che non aveva affatto attaccato ilterritorio della NATO possono essere considerati il primo grandesuccesso dell'Alleanza nella propria "trasformazione" del dopoGuerra Fredda.
Oggi, non vi è un’unica "Agenda della trasformazionedella NATO". Si può piuttosto dire che ve ne siano tre,ciascuna avviata per ragioni differenti in un momento diverso, matutte ora coincidenti e correlate. Mi riferisco a: l’Agenda diPraga, avviata nel 2002 dall’allora Segretario generale Lord GeorgeRobertson in risposta alle "lezioni del Kosovo e dell’11 settembre"e focalizzata sui cambiamenti nelle capacità, nellemissioni e nelle strutture; l’Agenda di Norfolk,avviata nel 2004 dall’attuale Segretario generale Jaap de HoopScheffer in risposta alle "lezioni dell’Afghanistan" e focalizzatasui cambiamenti nella pianificazione della difesa, nellacreazione delle forze e nel finanziamento comune;e l’Agenda di Monaco, avviata nel 2005 dal Cancelliere tedescoGerhard Schröder in risposta alle "lezioni della crisi irachena" efocalizzata sui cambiamenti nel ruolo della NATO (o sull’assenza ditale ruolo) quale sede di consultazione strategica e di unprocesso decisionale effettivamente transatlantici.
L’Agenda di Praga
Nel 1999, i 78 giorni di campagna aerea della NATO contro ciò cherestava della Jugoslavia per fermare la pulizia etnica in Kosovohanno mostrato delle notevoli "crepe" tra le capacità militari piùavanzate americane ed alleate. Le statistiche sono ora note: il 90%delle bombe a guida di precisione sono state lanciate da caccia ebombardieri USA, e ben pochi alleati erano anche in grado dieffettuare comunicazioni sicure aria-aria, costringendo leformazioni della NATO a trasmette su canali non protetti. Gli StatiUniti hanno fornito anche il 100% della capacità della NATO diinterferenza nelle trasmissioni, il 90% della sorveglianza aereadel territorio, e l’80% degli aerei per il rifornimento in volo.Allarmato da questo "divario", Lord Robertson cominciò a preparareil suo mantra sulle tre principali priorità della NATO cheavrebbero dovuto essere "capacità, capacità, capacità".
Ma mentre le "lezioni del Kosovo" venivano ancora assimilate, loscenario strategico della NATO fu scosso dall’11 settembre.L'Alleanza mostrò allora grande elasticità ed un costante rispettoper il principio della sicurezza collettiva invocandoimmediatamente e per la prima volta nella sua storia l’Articolo 5e, in seguito, inviando degli aerei AWACS a sorvegliare i cielisulle città USA. Nella loro riunione di Reykjavik, in Islanda, delmaggio 2002, i ministri degli esteri alleati confermaronoufficialmente la determinazione dell'Alleanza di andare ovunquefosse necessario per combattere le minacce alla sicurezza alleata.E per tutto il 2002, il personale della NATO si dedicò apianificare diligentemente un pacchetto globale di cambiamentinell’organizzazione e di incrementi nelle capacità, poi approvatodai leader alleati nel vertice di Praga del novembre 2002, tra cuila creazione di una Forza di risposta della NATO (NRF), laristrutturazione dei suoi Comandi strategici, e l’approvazionedegli innovativi programmi relativi all’Impegno sulle capacità ilPraga (PCC). Infine, ma certamente non meno importante, l'Alleanzainvitò sette paesi ad aderire alla NATO e stabilì di dar luogo alleriforme e alle procedure nella struttura della sede necessarie perfar sì che il Consiglio Nord Atlantico continuasse a funzionareagevolmente anche "a 26".
A due anni e mezzo di distanza, l’attuazione dell’Agenda di Pragaha un bilancio positivo, sebbene alcuni programmi siano in ritardo.In primo luogo, il Consiglio Nord Atlantico non si è rivelatoingovernabile "a 26". Come Karel Kovanda, ambasciatore ceco pressola NATO, ha sottolineato nell’ottobre 2003 in un discorso presso ilMarshall Center in Germania: "Se i quattro o cinque alleati dinotevole peso in un modo o nell’altro raggiungono un consenso traloro", un generale consenso è "praticamente assicurato", che ilnumero totale degli alleati sia 19 o 26. In secondo luogo, ladecisione della NATO di intraprendere "nuove missioni" e "ovunque"la minaccia lo richieda continua ad essere applicata ed anzi estesadall'Alleanza, come dimostrano la decisione del vertice di Istanbuldi ampliare la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza(ISAF) in Afghanistan e l’accordo, nella recente riunione diBruxelles tra tutti i 26 alleati, per contribuire in uno modo onell’altro alla Missione di addestramento per l’Iraq. In terzoluogo, il successo della NATO nel creare il suo nuovo Comandoalleato per la trasformazione e nell’accelerare il primo utilizzodella NRF mostra una guida esemplare da parte delle Autoritàmilitari della NATO.
Per ciò che concerne le nuove capacità, come i programmi ditrasporto strategico aereo e navale, il rifornimento in volo ed ilsistema di Sorveglianza terrestre dell’Alleanza, il quadro è menochiaro, e non altrettanto positivo, anche se non vi è dubbio chequalche progresso venga fatto. L’iniziativa sul trasporto navale,guidata dalla Norvegia, è a buon punto, con navi danesi ed inglesigià disponibili per tale uso ed è previsto l’ingresso di altripaesi. A Istanbul i ministri della difesa hanno firmato unMemorandum di intesa che attribuisce al progetto di trasporto aereostrategico, guidato dalla Germania, il compito di conseguire entrola fine di quest’anno una capacità operativa di trasporto aereo percarichi fuori misura grazie ad aerei disponibili su richiesta,utilizzando sei aerei da trasporto Antonov An-124-100. Il gruppo dilavoro della NATO sul rifornimento in volo, a guida spagnola, hacontinuato la sua pianificazione. Il sistema di Sorveglianzaterrestre dell’Alleanza sembra pronto a passare alla fase diprogettazione e sviluppo (purché l’azione in atto per ridurre irischi venga accettata ed adeguatamente finanziata dai paesipartecipanti). Dopo Praga, la NATO ha inoltre compiuti evidentiprogressi nell’equipaggiare le proprie forze aeree conmunizionamento a guida di precisione, nell’attribuire priorità aipropri sforzi di cooperazione nel campo degli armamenti nel settoredella difesa contro il terrorismo, e nell’approvare il progetto perdotarsi di una capacità di difesa della NATO contro i missili diteatro.
Ma, nella maggior parte dei casi, rimangono lontani i tempi di"primo utilizzo" per questi fondamentali strumenti strategici, conla maggior parte dei finanziamenti ancora da reperire. Inoltre,dato che gli alleati della NATO (compresi gli Stati Uniti)attribuiscono una parte sempre maggiore delle spese di difesa alleesigenze delle operazioni e a quelle di manutenzione relative alleampliate operazioni su scala mondiale, questa priorità comincia adincidere negativamente sui finanziamenti che altrimenti sarebberodestinati ai programmi di ammodernamento a lungo termine del PCC.Inoltre, dato che le attuali difficoltà nel sostenere le numeroseoperazioni della NATO in risposta ad una crisi richiedono moltotempo ed attenzione del Segretariato internazionale, i principaliprogrammi di ammodernamento a lungo termine del PCC non vengono piùesaminati dal Consiglio Nord Atlantico nel modo in cui lo si facevaquando Lord Robertson costantemente utilizzava quello che definivail suo "marchio di terapia politica elettrostimolatrice" persollecitare le nazioni a soddisfare positivamente le sue richiestedi "capacità, capacità, capacità".
L’Agenda di Norfolk
Lo scorso aprile, in una riunione presso il Comando alleato per latrasformazione, il Segretario generale De Hoop Scheffer sollecitòun dibattito su ciò che definì "l’Agenda di Norfolk". Questipossibili mutamenti nei progetti relativi alla pianificazione delladifesa, alla creazione delle forze, ed al finanziamento comunesono, a suo avviso, necessari per correggere "uno scollamento trale nostre reiterate ambiziose dichiarazioni e la nostra capacità amettere in campo le forze richieste" ed un processo di creazionedelle forze che "non funziona proprio più". Scoraggiato dal dovercontinuamente mercanteggiare con gli alleati ora per un elicottero,ora per un'unità di supporto, ha ammonito in un discorso tenutonell’ottobre 2004 presso il Comando USA per l’Europa che: "se glialleati non saranno in grado e disposti a dispiegare queste forzein missioni della NATO, la spada di Damocle penderà sulle nostreoperazioni e sul futuro della NATO".
Nel novembre scorso, nel quadro dell’Agenda di Norfolk, la NATO haconvocato la prima conferenza in assoluto sulla "Creazione globaledelle forze" per cercare di riconciliare gli impegni delle singolenazioni relativi alle varie rotazioni della NRF con i loro impegnirelativi alle operazioni in risposta ad una crisi in Afghanistan,Bosnia Erzegovina e Kosovo. Sono state intensificate le discussioninell’ambito del Gruppo di lavoro esecutivo sul problema di unamigliorata prevedibilità dei contributi nazionali alle forze NATO.Il Presidente del Comitato militare, generale Harald Kujat, hapubblicato un documento di Proposta generale indirizzato a fornireun punto di vista militare su come razionalizzare meglio le materierelative alla difesa, agli aspetti operativi, all’intelligence ealla pianificazione delle risorse.
Non penso che la trasformazione siaqualcosa di non trasformato che viene trasformato. Ritengo che siaun processo che la natura del mondo in questo XXI secolo cicostringe a proseguire, e che si tratti di una questione di culturae di attitudine piuttosto che di tecnologie e dipiattaforme.
Donald H. Rumsfeld Segretario della difesa USA
Quando era Segretario di stato durante la presidenza di RonaldReagan, George Schultz una volta, con una frase rimasta celebre,comparò la diplomazia al cercare di tenere il proprio giardinolibero dalle erbacce: in entrambi i casi – affermò - il tuo lavoronon può mai dirsi del tutto compiuto. Lo stesso dicasi della"trasformazione". Come il Segretario Rumsfeld ha recentementeosservato, la trasformazione è più un processo che un punto diarrivo, con nuovi problemi, nuove sfide e nuovi contesti disicurezza che richiedono continuamente ulteriori cambiamenti eulteriori adattamenti.
Benché la parola "trasformazione" sia diventata di moda solo direcente, la NATO fronteggia efficacemente una necessaria"trasformazione" sin dal crollo dell'Unione Sovietica un decennio emezzo fa. È da allora, che l'Alleanza ripetutamente avverte che non"adattarsi", "evolversi" o "trasformarsi" metterebbe a rischio lasua importanza e la sua capacità di tener fede ai propri impegni.Un decennio fa, la NATO si è trovata anche a dover scegliere traandare "fuori area" o "chiudere i battenti". I processi politiciattraverso cui l'Alleanza negli ultimi anni ‘90 raggiunse alla fineil consenso sulla necessità di muovere guerra contro uno stato (ciòche restava della Jugoslavia) che non aveva affatto attaccato ilterritorio della NATO possono essere considerati il primo grandesuccesso dell'Alleanza nella propria "trasformazione" del dopoGuerra Fredda.
Oggi, non vi è un’unica "Agenda della trasformazionedella NATO". Si può piuttosto dire che ve ne siano tre,ciascuna avviata per ragioni differenti in un momento diverso, matutte ora coincidenti e correlate. Mi riferisco a: l’Agenda diPraga, avviata nel 2002 dall’allora Segretario generale Lord GeorgeRobertson in risposta alle "lezioni del Kosovo e dell’11 settembre"e focalizzata sui cambiamenti nelle capacità, nellemissioni e nelle strutture; l’Agenda di Norfolk,avviata nel 2004 dall’attuale Segretario generale Jaap de HoopScheffer in risposta alle "lezioni dell’Afghanistan" e focalizzatasui cambiamenti nella pianificazione della difesa, nellacreazione delle forze e nel finanziamento comune;e l’Agenda di Monaco, avviata nel 2005 dal Cancelliere tedescoGerhard Schröder in risposta alle "lezioni della crisi irachena" efocalizzata sui cambiamenti nel ruolo della NATO (o sull’assenza ditale ruolo) quale sede di consultazione strategica e di unprocesso decisionale effettivamente transatlantici.
L’Agenda di Praga
Nel 1999, i 78 giorni di campagna aerea della NATO contro ciò cherestava della Jugoslavia per fermare la pulizia etnica in Kosovohanno mostrato delle notevoli "crepe" tra le capacità militari piùavanzate americane ed alleate. Le statistiche sono ora note: il 90%delle bombe a guida di precisione sono state lanciate da caccia ebombardieri USA, e ben pochi alleati erano anche in grado dieffettuare comunicazioni sicure aria-aria, costringendo leformazioni della NATO a trasmette su canali non protetti. Gli StatiUniti hanno fornito anche il 100% della capacità della NATO diinterferenza nelle trasmissioni, il 90% della sorveglianza aereadel territorio, e l’80% degli aerei per il rifornimento in volo.Allarmato da questo "divario", Lord Robertson cominciò a preparareil suo mantra sulle tre principali priorità della NATO cheavrebbero dovuto essere "capacità, capacità, capacità".
Ma mentre le "lezioni del Kosovo" venivano ancora assimilate, loscenario strategico della NATO fu scosso dall’11 settembre.L'Alleanza mostrò allora grande elasticità ed un costante rispettoper il principio della sicurezza collettiva invocandoimmediatamente e per la prima volta nella sua storia l’Articolo 5e, in seguito, inviando degli aerei AWACS a sorvegliare i cielisulle città USA. Nella loro riunione di Reykjavik, in Islanda, delmaggio 2002, i ministri degli esteri alleati confermaronoufficialmente la determinazione dell'Alleanza di andare ovunquefosse necessario per combattere le minacce alla sicurezza alleata.E per tutto il 2002, il personale della NATO si dedicò apianificare diligentemente un pacchetto globale di cambiamentinell’organizzazione e di incrementi nelle capacità, poi approvatodai leader alleati nel vertice di Praga del novembre 2002, tra cuila creazione di una Forza di risposta della NATO (NRF), laristrutturazione dei suoi Comandi strategici, e l’approvazionedegli innovativi programmi relativi all’Impegno sulle capacità ilPraga (PCC). Infine, ma certamente non meno importante, l'Alleanzainvitò sette paesi ad aderire alla NATO e stabilì di dar luogo alleriforme e alle procedure nella struttura della sede necessarie perfar sì che il Consiglio Nord Atlantico continuasse a funzionareagevolmente anche "a 26".
A due anni e mezzo di distanza, l’attuazione dell’Agenda di Pragaha un bilancio positivo, sebbene alcuni programmi siano in ritardo.In primo luogo, il Consiglio Nord Atlantico non si è rivelatoingovernabile "a 26". Come Karel Kovanda, ambasciatore ceco pressola NATO, ha sottolineato nell’ottobre 2003 in un discorso presso ilMarshall Center in Germania: "Se i quattro o cinque alleati dinotevole peso in un modo o nell’altro raggiungono un consenso traloro", un generale consenso è "praticamente assicurato", che ilnumero totale degli alleati sia 19 o 26. In secondo luogo, ladecisione della NATO di intraprendere "nuove missioni" e "ovunque"la minaccia lo richieda continua ad essere applicata ed anzi estesadall'Alleanza, come dimostrano la decisione del vertice di Istanbuldi ampliare la Forza internazionale di assistenza alla sicurezza(ISAF) in Afghanistan e l’accordo, nella recente riunione diBruxelles tra tutti i 26 alleati, per contribuire in uno modo onell’altro alla Missione di addestramento per l’Iraq. In terzoluogo, il successo della NATO nel creare il suo nuovo Comandoalleato per la trasformazione e nell’accelerare il primo utilizzodella NRF mostra una guida esemplare da parte delle Autoritàmilitari della NATO.
Per ciò che concerne le nuove capacità, come i programmi ditrasporto strategico aereo e navale, il rifornimento in volo ed ilsistema di Sorveglianza terrestre dell’Alleanza, il quadro è menochiaro, e non altrettanto positivo, anche se non vi è dubbio chequalche progresso venga fatto. L’iniziativa sul trasporto navale,guidata dalla Norvegia, è a buon punto, con navi danesi ed inglesigià disponibili per tale uso ed è previsto l’ingresso di altripaesi. A Istanbul i ministri della difesa hanno firmato unMemorandum di intesa che attribuisce al progetto di trasporto aereostrategico, guidato dalla Germania, il compito di conseguire entrola fine di quest’anno una capacità operativa di trasporto aereo percarichi fuori misura grazie ad aerei disponibili su richiesta,utilizzando sei aerei da trasporto Antonov An-124-100. Il gruppo dilavoro della NATO sul rifornimento in volo, a guida spagnola, hacontinuato la sua pianificazione. Il sistema di Sorveglianzaterrestre dell’Alleanza sembra pronto a passare alla fase diprogettazione e sviluppo (purché l’azione in atto per ridurre irischi venga accettata ed adeguatamente finanziata dai paesipartecipanti). Dopo Praga, la NATO ha inoltre compiuti evidentiprogressi nell’equipaggiare le proprie forze aeree conmunizionamento a guida di precisione, nell’attribuire priorità aipropri sforzi di cooperazione nel campo degli armamenti nel settoredella difesa contro il terrorismo, e nell’approvare il progetto perdotarsi di una capacità di difesa della NATO contro i missili diteatro.
Ma, nella maggior parte dei casi, rimangono lontani i tempi di"primo utilizzo" per questi fondamentali strumenti strategici, conla maggior parte dei finanziamenti ancora da reperire. Inoltre,dato che gli alleati della NATO (compresi gli Stati Uniti)attribuiscono una parte sempre maggiore delle spese di difesa alleesigenze delle operazioni e a quelle di manutenzione relative alleampliate operazioni su scala mondiale, questa priorità comincia adincidere negativamente sui finanziamenti che altrimenti sarebberodestinati ai programmi di ammodernamento a lungo termine del PCC.Inoltre, dato che le attuali difficoltà nel sostenere le numeroseoperazioni della NATO in risposta ad una crisi richiedono moltotempo ed attenzione del Segretariato internazionale, i principaliprogrammi di ammodernamento a lungo termine del PCC non vengono piùesaminati dal Consiglio Nord Atlantico nel modo in cui lo si facevaquando Lord Robertson costantemente utilizzava quello che definivail suo "marchio di terapia politica elettrostimolatrice" persollecitare le nazioni a soddisfare positivamente le sue richiestedi "capacità, capacità, capacità".
L’Agenda di Norfolk
Lo scorso aprile, in una riunione presso il Comando alleato per latrasformazione, il Segretario generale De Hoop Scheffer sollecitòun dibattito su ciò che definì "l’Agenda di Norfolk". Questipossibili mutamenti nei progetti relativi alla pianificazione delladifesa, alla creazione delle forze, ed al finanziamento comunesono, a suo avviso, necessari per correggere "uno scollamento trale nostre reiterate ambiziose dichiarazioni e la nostra capacità amettere in campo le forze richieste" ed un processo di creazionedelle forze che "non funziona proprio più". Scoraggiato dal dovercontinuamente mercanteggiare con gli alleati ora per un elicottero,ora per un'unità di supporto, ha ammonito in un discorso tenutonell’ottobre 2004 presso il Comando USA per l’Europa che: "se glialleati non saranno in grado e disposti a dispiegare queste forzein missioni della NATO, la spada di Damocle penderà sulle nostreoperazioni e sul futuro della NATO".
Nel novembre scorso, nel quadro dell’Agenda di Norfolk, la NATO haconvocato la prima conferenza in assoluto sulla "Creazione globaledelle forze" per cercare di riconciliare gli impegni delle singolenazioni relativi alle varie rotazioni della NRF con i loro impegnirelativi alle operazioni in risposta ad una crisi in Afghanistan,Bosnia Erzegovina e Kosovo. Sono state intensificate le discussioninell’ambito del Gruppo di lavoro esecutivo sul problema di unamigliorata prevedibilità dei contributi nazionali alle forze NATO.Il Presidente del Comitato militare, generale Harald Kujat, hapubblicato un documento di Proposta generale indirizzato a fornireun punto di vista militare su come razionalizzare meglio le materierelative alla difesa, agli aspetti operativi, all’intelligence ealla pianificazione delle risorse.
La NATO fronteggia una necessaria"trasformazione" sin dal crollo dell'Unione Sovietica un decennio emezzo fa
Le altre opzioni relative alla creazionedelle forze, che vengono valutate nell’ambito dell’Agenda diNorfolk, consistono nel: ricevere opzioni quanto allapianificazione operativa ed una più chiara idea della volontà deisingoli alleati a fornire specifiche capacità prima che l'Alleanzaassuma l'impegno politico di intervenire in una crisi o in unconflitto; sviluppare meglio gli obiettivi di utilizzabilità e gliobiettivi di risultato per valutare la capacità di una nazione adispiegare efficacemente le proprie forze in operazioni in rispostaad una crisi; estendere a due anni il periodo relativo agli impegnidella forza, per migliorare la prevedibilità; e richiedere che lenazioni "rinuncino" a tale impegno piuttosto che attendere che lenazioni "partecipino" attraverso successivi impegni a breve terminedi truppe o di equipaggiamento ad una specifica operazione inrisposta ad una crisi; e stabilire nuove strutture multinazionaliche si occupino dei compiti di stabilizzazione successivi ad unconflitto.
Nel campo della riforma del finanziamento comune, il Segretariogenerale ha sollecitato un dibattito sull’aumento dei bilancimilitari comuni – il Programma di investimenti per la sicurezzadella NATO (NSIP) ed il Bilancio militare - e sul loro impiegonegli aspetti più operativi degli attuali dispiegamenti della NATO;sul maggiore utilizzo dell’appalto esterno; sulla creazione neibilanci della difesa dei paesi membri di fondi di contingenza NATO;e sull’istituzione di raggruppamenti e bilanci del tipo "NATOAWACS" nel settore della logistica, dei servizi sanitari e deltrasporto mediante elicotteri.
A questo punto è chiaramente prematuro fare una valutazione deiprogressi dell’Agenda di Norfolk. Le discussioni iniziali innumerosi settori, peraltro, fanno intravedere un difficilepercorso, particolarmente per ciò che riguarda il riesame el’ampliamento dei requisiti richiesti per la contabilità relativaal NSIP e al Bilancio militare (dove, fra le altre cose, unadisputa apparentemente insanabile sulle quote nazionali dei costiha determinato una situazione di stallo) e per superare lariluttanza di alcuni alleati a fornire alla NATO informazioni benpiù cospicue sulla disponibilità delle loro forze.
L’Agenda di Monaco
Alla fine della loro riunione di febbraio a Bruxelles, i leaderalleati si sono impegnati a "rafforzare il ruolo della NATO qualeforo per la consultazione strategica e politica ed il coordinamentotra alleati, riaffermando pure il suo ruolo di foro essenziale perla consultazione nel campo della sicurezza tra Europa e NordAmerica".
Questa iniziativa ha concluso un breve ma intenso periodo diconsultazioni sollecitato dieci giorni prima dall'interventoscritto del Cancelliere Schröder (letto dal ministro della difesaPeter Struck, dato che il Cancelliere era indisposto) nellaConferenza di Monaco sulla Politica di sicurezza europea. In questaoccasione, l'affermazione del Cancelliere che la NATO "non era piùla sede primaria in cui i partner transatlantici discutono ecoordinano strategie" e la sua proposta di costituire una"commissione ad alto livello composta da personaggi indipendentiprovenienti da entrambe le sponde dell'Atlantico per aiutarci atrovare una soluzione", perché si evitassero future crisi del tipoIraq, avevano suscitato l’attenzione della stampa ed un po’ dicosternazione tra gli alti funzionari della NATO, come pure traquelli americani, che erano stati colti di sorpresa.
Nel successivo dibattito, i funzionari tedeschi fecero di tuttoper sottolineare che il Cancelliere non aveva inteso pronunciare unde profundis per la NATO, ma piuttosto rafforzarla. Dalcanto loro, i funzionari NATO e americani cercarono di distingueretra il suggerimento di "commissione esterna" (che rifiutavano) e laimplicita critica sostanziale. In fondo, non aveva causato alcunproblema il fatto che gli Stati Uniti non avessero volutoutilizzare la NATO come sede principale per discutere e coordinaretali fondamentali decisioni strategiche USA come quelle su come edove attaccare i Talebani ed Al Qaida in Afghanistan o suquanto tempo concedere alle attività ispettive del Consiglio disicurezza dell’ONU perché vi fossero dei risultati prima di muovereguerra all’Iraq. Né il Consiglio Nord Atlantico ha costituito lasede principale per le consultazioni strategiche tra gli StatiUniti e i loro alleati della NATO su questioni della massimaimportanza come impedire che l’Iran acquisisca armi nucleari origuardo all'intenzione dell'Unione Europea di togliere l’embargosulle armi verso la Cina.
In effetti, il Cancelliere Schröder manifestava dubbi sul fattoche tutte le riforme nel campo della trasformazione avviate a Pragae a Norfolk potessero risultare inutili ove l'Alleanza fosseincapace di funzionare come un effettivo partenariato nelle fasidecisionali strategiche precedenti ad un conflitto. In questosenso, egli non solo accettava senza preclusioni l'affermazione delgenerale Charles de Gaulle - "A cosa serve la pianificazionestrategica se i mezzi per effettuarla non sono disponibili?" - maanche amplificava le frustrazioni sulla qualità del dialogopolitico nella NATO, pubblicamente affrontato in precedenza daaltri leader europei, incluso lo stesso Segretario generale De HoopScheffer.
Dal vertice di Bruxelles, tutte le parti avevano deciso diaccentuare gli aspetti positivi. Come aveva dichiarato ilpresidente George W. Bush in una conferenza stampa il giornosuccessivo: "Ho interpretato tali affermazioni nel senso che egli(Schröder) desidera che la NATO sia importante, un luogo dove sisvolge un significativo dialogo strategico. Ciò era del resto assaievidente a tutti i partecipanti al vertice. E la riunione èterminata con Jaap che dichiarava che avrebbe proposto un piano perfar sì che il dialogo strategico nella NATO resti rilevante".
Essere d'accordo per dar vita ad un piano è, ovviamente, una cosa.Raggiungere il consenso sulle regole di un dibattito politico nonsoggetto a procedure formali è un’ altra. Da parte loro, queglialleati europei tradizionalmente meno disposti a consentire che ilConsiglio Nord Atlantico discuta di problemi che consideranoesclusivamente di competenza dell'Unione Europea, come Galileo ol’embargo sulle armi per la Cina, ora dovranno accettare ciò cheprima avrebbero considerato come una "ingerenza" della NATO. E daparte loro, gli Stati Uniti dovranno trovare i modi per introdurrenel Consiglio Nord Atlantico le questioni strategiche non ancoraapprovate dalle varie agenzie americane, tanto meno esaminate dalCongresso. Ciò detto, la sfida che consiste nel "consultarsi"apertamente con gli alleati in quanto alternativa a semplicemente"informarli" delle decisioni già prese, spaventa né più né meno chela sfida che ogni amministrazione USA normalmente affronta neltentativo di stabilire un effettivo partenariato con la “Hill”, oper ciò che riguarda questa materia, con i suoi principali partnernell’ambito delle "coalizioni volontarie".
Tener duro
La NATO oggi è, da un lato, considerata dai leader dei suoi membripiù potenti come "più attiva che mai", "l'alleanza più riuscitadella storia", e "il rapporto fondamentale per gli Stati Unitiquando si tratta di sicurezza". Essa può lecitamente mostrare conorgoglio il successo ottenuto nell’incrementare il numero deipropri membri, nel riorganizzare la propria struttura di comando el’organizzazione del quartier generale, nell’ampliare le sueoperazioni e la sua portata operativa, e nel compiere progressinell’ammodernare il suo ventaglio di capacità per affrontare lenuove minacce e sfide alla sicurezza.
Dall’altro, persistono dubbi riguardo al rischio di fallimento.Dal Segretario generale in giù, l'organizzazione lamenta loscollamento tra la volontà degli alleati di partecipare alle nuovemissioni e alle nuove capacità, da un lato, e l’impegno di uomini,equipaggiamenti e risorse necessarie per realizzare tali missioni ecapacità, dall'altro. In entrambi i casi, i critici - e non solo icritici - si domandano se vi sia veramente la volontàpolitica richiesta. Inoltre, il Cancelliere Schröderovviamente ha toccato un nervo scoperto nel sottolinearepubblicamente la diminuita importanza della NATO quale sede di unvero processo decisionale transatlantico su questioni ditrascendente importanza strategica.
Ma la NATO persevererà, come sempre. Quale indispensabilealleanza di sicurezza della comunità transatlantica di nazioni, sipuò fare affidamento sulla NATO per continuare a portare avanti letre agende della trasformazione - Praga, Norfolk e Monaco - conbuone intenzioni e comuni obiettivi, sia pure in modo esitante, siapure in modo imperfetto. La posta in gioco è enorme.
Robert G. Bell è stato, dal 1999 al 2003,Segretario generale aggiunto della NATO per gli investimenti delladifesa; ora lavora a Bruxelles come vicepresidente anziano delSAIC.